Quando è necessario trattare un importante flusso di acque reflue, la prima alternativa che generalmente conviene considerare è l’utilizzo di un processo biologico, poiché è uno dei trattamenti completi più economici e la quantità di residui generati è relativamente bassa. Tuttavia, sarà decisivo conoscere la natura dell’inquinamento presente nell’acqua per valutare l’idoneità di un trattamento o di un altro, poiché questi sono molto selettivi riguardo al tipo di inquinamento che eliminano.
Per conoscere il tipo di inquinamento è necessario effettuare una caratterizzazione dell’acqua reflua, che fornisce una vasta gamma di informazioni sul tipo e sulla concentrazione degli inquinanti. I parametri da analizzare, oltre a quelli generali come pH e conducibilità, saranno quelli che danno un’idea del contenuto di materia organica, nutrienti (azoto e fosforo), solidi sospesi, alcuni correlati alla tossicità delle acque reflue in relazione ai microrganismi, oltre a quelli più specifici e legati al tipo di attività che genera l’effluente (metalli, tensioattivi, solfati, cianuri, ecc.).
Per conoscere la quantità di materia organica che i microrganismi sono in grado di assimilare, la domanda biochimica di ossigeno (DBO5) è stato un parametro molto utilizzato nella caratterizzazione delle acque reflue, anche se è poco preciso (l’acclimatazione dei microrganismi all’acqua reflua influisce sulla misura), di determinazione lenta (sono necessari almeno 5 giorni per effettuare la misura) e non è pratico per l’uso nella gestione degli impianti di trattamento. In compenso, la domanda chimica di ossigeno (DQO) è un parametro preciso, di rapida ottenibilità, che misura tutta la materia organica dell’acqua (biodegradabile e non biodegradabile), per cui è il più utilizzato. Ma, proprio perché misura tutta la materia organica, per conoscere meglio l’effluente che si desidera trattare, è un’informazione necessaria ma non sufficiente. Per effettuare una caratterizzazione completa e approfondita dell’effluente, insieme ai parametri citati, si dovrà effettuare una frazionamento della DQO, che fornirà informazioni sull’effluente in termini delle diverse velocità di degradazione delle varie frazioni di DQO.
Le frazioni della DQO con cui si è soliti lavorare sono le stesse utilizzate dai modelli di fanghi attivi della International Association of Water Quality (IAWQ) e sono le seguenti:
- DQO facilmente biodegradabile (DQOfb). Questa frazione, assimilabile alla DQO solubile in acqua, è quella che la biomassa consuma più rapidamente (in pochi minuti), generando una rapida e elevata domanda di ossigeno. I composti che costituiscono questa frazione sono sostanze solubili, a basso peso molecolare, come zuccheri, alcoli e acidi grassi.
- DQO lentamente biodegradabile (DQOlb). Questa frazione è correlata alla DQO biodegradabile non solubile, o particolata, ed è abitualmente la frazione biodegradabile maggioritaria. È formata da molecole solubili ad alto peso molecolare, sostanze colloidali e particelle solide. Tutte hanno in comune il fatto di non essere facilmente degradabili dalla biomassa. Prima devono essere idrolizzate dagli enzimi secreti dai microrganismi e convertite in molecole solubili, a basso peso molecolare e quindi facilmente assimilabili dalle cellule. La fase di idrolisi è lenta, è la fase che controlla il processo e comporta tassi di consumo di ossigeno molto più bassi rispetto a quelli della DQO facilmente biodegradabile.
- DQO solubile non biodegradabile (DQOsnb). Questa frazione non viene alterata dal contatto con la biomassa, non subisce alcun tipo di variazione durante il trattamento e esce con l’effluente. Se questa frazione è maggioritaria nell’effluente, i processi biologici vengono direttamente scartati.
- DQO particolata non biodegradabile (DQOpnb). Questa frazione, sebbene non venga consumata dalla biomassa, in gran parte decanta insieme ai fanghi, riducendo la concentrazione in uscita rispetto all’ingresso.
Il fatto che la DQO solubile non corrisponda perfettamente alla DQO facilmente biodegradabile, così come la DQO particolata non corrisponda totalmente alla DQO lentamente biodegradabile, fa sì che il metodo ideale per determinare le diverse frazioni sia la respirometria. Questa tecnica misura il consumo di ossigeno da parte della biomassa durante la degradazione dei substrati in relazione al tempo, fornendo informazioni molto precise sia sull’attività degli organismi sia sulla velocità con cui i diversi substrati vengono consumati. Il tasso di respirazione è la velocità di consumo di ossigeno, per unità di volume e tempo. Rappresentando i dati ottenuti del tasso di respirazione rispetto al tempo si ottiene un respirogramma, come l’esempio della figura, nel quale si distinguono le seguenti aree:
- A1: area proporzionale alla concentrazione di DQO facilmente biodegradabile. È la prima DQO che viene consumata e con il tasso di respirazione più elevato.
- A2: area proporzionale alla concentrazione di DQO lentamente biodegradabile. La velocità di consumo di ossigeno è minore e si protrae più a lungo nel tempo.
- A3: area proporzionale alla quantità di ossigeno consumato nel processo di nitrificazione.
- A1+A2+A3: indica la quantità di ossigeno necessaria per un’ossidazione completa degli inquinanti.
- Una volta terminata la respirometria, se si effettua una DQO del liquido misto filtrato (0,45 m) si ottiene la DQO solubile non biodegradabile. Infine, se alla DQO iniziale (totale) si sottrae la DQO biodegradabile (somma della facilmente biodegradabile e della lentamente biodegradabile) e la DQO solubile non biodegradabile, per differenza si ottiene la frazione di DQO particolata non biodegradabile.
Una volta determinate le diverse frazioni in base alla rispettiva biodegradabilità, si dispone di una caratterizzazione completa della materia organica dell’acqua reflua, che completa il resto dei parametri analizzati. Queste informazioni saranno fondamentali per prendere decisioni nella fase di progettazione del sistema di trattamento degli effluenti; serviranno per selezionare i processi che possono essere efficienti e quali possono essere scartati direttamente. Per esempio, un’acqua con una frazione lentamente biodegradabile maggioritaria non può essere trattata mediante un sistema biologico in cui l’acqua rimane in contatto con la biomassa per un tempo molto breve.
Inoltre, la determinazione delle diverse frazioni in base alla loro diversa biodegradabilità permette anche di calibrare i modelli cinetici che descriveranno successivamente il comportamento del sistema (qualità dell’effluente, domanda di ossigeno, produzione di fanghi, ecc.) in risposta a fluttuazioni in tempo reale del carico e del flusso dell’affluente.
Pertanto, la caratterizzazione completa dell’acqua reflua è fondamentale per poter affrontare con garanzie di successo la fase di selezione del tipo di trattamento e il suo successivo progetto.