Sezioni

Definizione

I composti organici volatili (COV) sono tutti quei composti organici che a temperatura ambiente si trovano in stato gassoso o sono liquidi molto volatili.

Formalmente si considera COV ogni composto organico che a 20ºC abbia una pressione di vapore uguale o superiore a 0,01 kPa, o una volatilità equivalente nelle condizioni particolari di utilizzo.

I COV solitamente hanno meno di dodici atomi di carbonio nella loro catena e contengono altri elementi come ossigeno, fluoro, cloro, bromo, zolfo o azoto.

Il numero di COV differenti supera il migliaio, ma i più abbondanti nell’aria sono metano, toluene, n-butano, i-pentano, etano, benzene, n-pentano, propano ed etilene. Questi composti si generano in tutti quei processi industriali in cui si utilizzano solventi organici (come acetaldeide, benzene, anilina, tetracloruro di carbonio, 1,1,1-tricloroetano, acetone, etanolo, ecc.).

Trattamento di cov

Attività associate all’emissione di COV

Sono molto numerose, appartenendo generalmente ai seguenti settori industriali:

  • Industria siderurgica.
  • Industria della plastica.
  • Industria alimentare.
  • Industria del legno.
  • Industria delle vernici, smalti e lacche.
  • Industria zootecnica.
  • Industria farmaceutica.
  • Industria cosmetica.

Pericolosità dei COV relativa alla salute umana ed effetti nocivi sull’ambiente

  • Composti estremamente pericolosi per la salute: benzene, cloruro di vinile e 1,2-dicloroetano.
  • Composti classe A: quelli che possono causare danni significativi all’ambiente, come ad esempio: acetaldeide, anilina, tricloroetilene, ecc.
  • Composti classe B: hanno un impatto minore sull’ambiente. Appartengono a questo gruppo, tra gli altri, acetone ed etanolo.

Esistono COV che da soli distruggono lo strato di ozono stratosferico, come nel caso del tetracloruro di carbonio. Inoltre, tutti i COV, in combinazione con gli ossidi di azoto e la luce solare, sono precursori dell’ozono a livello del suolo (ozono troposferico) che è molto dannoso per la salute provocando gravi danni respiratori. Questo effetto è noto come smog fotochimico e si manifesta come una nebbia di colore marrone-grigio nelle grandi città soleggiate che hanno emissioni di COV e ossidi di azoto.

Per selezionare la migliore tecnologia per la depurazione dei COV bisogna considerare la portata, la concentrazione di COV, la temperatura e umidità dell’aria, i solventi presenti, il limite di emissione consentito e la possibile presenza di polveri e altri contaminanti. Da parte sua, l’azienda deve valutare le risorse disponibili, la distribuzione temporale delle emissioni inquinanti, nonché la possibilità di recuperare i solventi e l’energia termica.

Per tutte queste ragioni, la legislazione europea vigente stabilisce limiti sempre più restrittivi per l’emissione di questi composti. Così, nelle attività industriali suscettibili di generare COV si dovranno controllare le emissioni e, quando necessario, trattarle efficacemente. A livello statale e al fine di minimizzare gli effetti nocivi dei COV, è stato pubblicato il Decreto Reale 117/2003 sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi in determinate attività, che si applica dal 31 ottobre 2007 a tutte le industrie interessate. Questo Decreto Reale stabilisce per ciascuna delle attività interessate una soglia nel consumo di solventi, nonché limiti di emissione di COV nei gas di scarico e nelle emissioni diffuse.

Tecnologie per il trattamento dei COV

Le tecnologie di trattamento si possono dividere in due grandi gruppi: distruttive e non distruttive. I trattamenti distruttivi sono quelli in cui i COV si trasformano in altre sostanze mediante un procedimento adeguato, mentre quelli non distruttivi consistono nella separazione fisica o chimica dei COV dall’aria da trattare.

Tecnologie distruttive

Mediante le tecniche distruttive, i COV si trasformano in composti inerti o meno tossici rispetto a quelli di partenza.

Ossidazione Termica Rigenerativa (RTO)

Si tratta di una tecnica ossidativa, che si svolge all’interno di, normalmente, tra 2 o 3 torri, riempite di materiale ceramico, nelle quali avviene l’ossidazione degli inquinanti. Durante questo processo i COV si ossidano, trasformandosi in CO2 e H2O.

Il ruolo del materiale ceramico è quello di trattenere e cedere il calore di combustione all’aria trattata durante i successivi cicli del processo.

Con queste torri si ottiene un’efficienza di recupero termico superiore al 95%. È quindi una tecnologia con un ridotto consumo di combustibile e se la concentrazione dei solventi è superiore a 1,5 – 2 g/Nm3 può diventare un processo autotermico con un consumo praticamente nullo.

La temperatura di lavoro si situa tra i 750 e i 1.250 ºC.

Si tratta di una tecnica molto versatile per quanto riguarda la portata da trattare (1.000-100.000 Nm3/h), ideale per casi con una concentrazione di COV medio-alta e ottimale per una grande varietà degli stessi.

Ossidazione Termica Recuperativa

L’ossidazione termica recuperativa è una tecnologia più semplice, con un costo di investimento minore ma costi di gestione maggiori.

Consiste in una camera di combustione con un bruciatore e uno scambiatore di calore dove si riscalda l’aria in ingresso e si raffredda l’aria depurata. Con questa tecnica si può ottenere un’efficienza di recupero termico dell’ordine del 65%.

Ossidazione Catalitica Rigenerativa (RCO)

Nell’ossidazione catalitica, la principale differenza con la RTO è che si ottiene la combustione a temperature più basse (200-400ºC) grazie alla presenza di un catalizzatore nella camera di combustione. Questi impianti sono compatti, occupano meno spazio e lavorando a temperature inferiori consumano meno combustibile rispetto all’ossidazione termica recuperativa. Per applicare questa tecnologia è necessario avere una buona caratterizzazione di tutti i solventi, poiché alcuni prodotti possono avvelenare il catalizzatore e richiederne la sostituzione.

Il sistema presenta un’efficienza termica superiore al 98% e non consuma gas quando si raggiunge il punto autotermico. Si tratta di una tecnica ideale per portate d’aria basse o medie (1.000-30.000 Nm3/h) e per concentrazioni di COV medie o basse, con un basso costo operativo.

Ossidazione avanzata della fase gassosa (GPAO)

Questa tecnica consta di 4 fasi. Nella prima fase, l’aria da trattare viene sottoposta a un processo di assorbimento in acqua e ozono. I gas solubili che si dissolvono nell’acqua sono ossidati dall’ozono a CO2. Nella fase 2, ai gas risultanti dalla fase 1 si aggiunge ozono e la miscela viene irradiata con luce ultravioletta ad alta intensità. L’ozono si trasforma in radicali OH, che sono estremamente reattivi con i VOC. A seguito dell’ossidazione si produce un aerosol di particelle, che vengono separate nella fase 3 mediante un precipitator elettrostatico. L’aria risultante, libera da VOC e odori, può essere rilasciata nell’atmosfera. Infine, nella fase 4 l’ozono residuo viene trasformato in ossigeno mediante un catalizzatore.

Si tratta di una tecnica robusta per una grande varietà di COV, ideale per portate basse, con basso costo operativo e alta efficienza energetica.

Per tutte le tecniche ossidative bisogna considerare che, in presenza di composti clorurati e altri alogenati, questi si trasformano in prodotti del tipo HCl che non possono essere emessi nell’atmosfera. Pertanto, in presenza di alogenati è necessario installare a valle uno scrubber per trattare le emissioni acide generate.

Biofiltrazione

Per casi più specifici, in cui si lavora con concentrazioni basse e uniformi nel tempo, di solventi biodegradabili e solubili in acqua, è possibile utilizzare la biofiltrazione in cui alcuni microrganismi si occupano di degradare la materia organica. La biofiltrazione, pur caratterizzandosi per costi di gestione bassi, presenta anche alcuni svantaggi poiché i microrganismi necessitano di condizioni stabili di umidità, temperatura e alimentazione, e in caso di modifiche improvvise di queste condizioni, ciò rappresenterebbe un rischio per il substrato.

Tecnologie non distruttive

Adsorbimento su Carbone Attivo

Si tratta della tecnologia più comune di questo gruppo.

Si basa sul far passare l’aria da trattare attraverso un letto di carbone attivo che trattiene i COV. Il carbone attivo si carica di COV fino a saturarsi e perdere la capacità adsorbente.

A questo punto si può scartare questo carbone, gestirlo come rifiuto e sostituirlo con uno nuovo, oppure rigenerare il carbone con vapore o con un gas inerte (azoto), il che permette di recuperare i solventi e riutilizzarli nel processo produttivo.

Condensazione Criogenica

È un processo basato sul raffreddamento a temperature estremamente basse dell’aria da trattare, mediante azoto liquido o altro fluido criogenico. L’aria contaminata viene raffreddata progressivamente nei condensatori, al di sotto del suo punto di rugiada, producendo la condensazione dei COV e la loro separazione dalla fase gassosa.

Questa tecnologia non è utile solo per la depurazione delle emissioni con COV, ma permette anche la condensazione e il recupero di materie prime costose e inquinanti che solitamente sono presenti nelle emissioni di processi che coinvolgono solventi organici.

La crio-condensazione è un metodo pulito e non distruttivo, poiché recupera in stato liquido quelle emissioni di vapore che sarebbero state inviate all’atmosfera. Per questo si effettua il raffreddamento controllato dei vapori di processo di una sostanza determinata, fino a raggiungere il punto di rugiada della stessa, momento in cui inizia la sua condensazione.

Attraverso una colonna di condensazione, nella quale attraversa la corrente d’aria contaminata da COV, circola in controcorrente un flusso di azoto liquido, che raffredda l’aria con la sostanza volatile al di sotto della temperatura di condensazione (si può arrivare fino a -200ºC). Questo provoca il congelamento dell’umidità dell’aria e si ottiene il prodotto liquido che può essere riutilizzato nel processo. L’azoto impiegato può essere riutilizzato mediante una piccola stazione di compressione per usarlo come gas in fabbricazione o può essere rilasciato nell’atmosfera se non c’è un’utilità per esso.

La gamma di impianti disponibili copre un ampio spettro di solventi da recuperare, come: toluene, acetone, metanolo, derivati clorurati, idrocarburi, ecc.

La crio-condensazione permette di trattare diverse correnti, portate, pressioni e persino di progettare sistemi su misura per ogni caso. Come già detto, esiste la possibilità di riutilizzare i solventi condensati, così come l’azoto generato.

Come agente refrigerante si usa l’azoto liquido che, grazie alle sue proprietà, permette la condensazione di tutte le sostanze considerate COV, in un intervallo compreso tra -30 e -120 ºC.

La temperatura di condensazione è determinata dai composti da trattare e dalle ppm che si vogliono raggiungere nella corrente di emissione.

Assorbimento fisico / chimico

L’assorbimento fisico/chimico consiste nella ritenzione degli inquinanti in una soluzione acquosa che scorre in controcorrente all’interno di torri di lavaggio. Alla soluzione acquosa di trattamento si può aggiungere qualche reagente che reagisca con l’inquinante per favorirne l’eliminazione. Le torri di lavaggio devono essere accompagnate da un sistema per il trattamento dell’acqua che ha assorbito gli inquinanti. Nel caso dei COV, questa tecnologia è applicabile nei casi in cui i prodotti siano solubili in acqua (acetone, alcoli, ecc.).

Tecnologie Miste

Rotoconcentratore di Zeolite + RTO

Questa tecnica si basa sul funzionamento di una ruota con un materiale poroso (Zeolite) in cui, mediante un processo di adsorbimento, si accumulano i COV per ottenere una maggiore concentrazione. Successivamente i COV vengono trattati in un’unità di ossidazione termica rigenerativa (RTO).

È ideale per trattare portate d’aria molto elevate (> 10.000 Nm3/h) con una concentrazione di COV molto bassa (< 1g/Nm3), poiché si riduce significativamente la quantità di combustibile consumato, mediante l’uso preliminare del rotoconcentratore, consistente in una ‘ruota’ riempita di zeoliti, che adsorbono i COV dall’aria in ingresso, per ottenere in uscita un’aria già depurata.

Una piccola porzione dell’aria depurata (tra un decimo e un quindicesimo) viene riscaldata a 200 ºC e fatta passare in controcorrente per desorbire i COV trattenuti nelle zeoliti. In questo modo si ottiene una portata d’aria 10-15 volte inferiore a quella iniziale con una concentrazione 10-15 volte superiore a quella iniziale.

Quest’aria è quella che viene poi inviata all’unità di ossidazione (RTO) per essere depurata.

Evapo-Ossidazione

Si tratta di un procedimento di depurazione delle acque reflue che unisce la separazione termica di sostanze solubili in acqua con la depurazione di sostanze organiche volatili.

I residui adatti per essere trattati con evapo-ossidazione sono acque di natura organica (non organoalogenate), con presenza o meno di sali e altri composti inorganici (derivati dell’azoto, dello zolfo…), potere calorifico inferiore (PCI) basso, che non presentano carattere infiammabile né solventi e con valori significativi di DQO.

In una prima fase, l’effluente viene sottoposto a un processo di evaporazione, che genera un vapore acqueo che trascina con sé le sostanze volatili, poiché queste hanno un punto di ebollizione più basso dell’acqua. Allo stesso modo, vengono trascinate tutte quelle sostanze che formano miscele azeotropiche.

Dopo questa prima fase, il vapore acqueo ottenuto viene inviato, insieme alle sostanze volatili, a una camera di ossidazione, dove detto vapore viene bruciato, evitando così la sua emissione nell’atmosfera e la sua azione inquinante.

In questo modo, l’ossidazione termica del vapore permette di distruggere completamente i volatili presenti nell’effluente.

Un’altra opzione è sfruttare questi composti volatili (purché siano in presenza elevata) per realizzare un processo autotermico, poiché generano calore sufficiente nella loro combustione da non richiedere calore esterno. In questo modo si può ottenere l’energia necessaria per alimentare il processo stesso.

D’altra parte, il primo processo di evaporazione a cui viene sottoposto l’effluente, prima della fase di ossidazione del vapore, ha come risultato un concentrato dei residui organici presenti nell’effluente, che possono già essere inviati al gestore dei rifiuti o sottoposti a una seconda fase di concentrazione per il loro recupero e valorizzazione.

Va sottolineato che è anche possibile utilizzare il procedimento di evapo-ossidazione su vapori con scarso potere calorifico, così come per l’eliminazione di sostanze odorifere.

Sebbene si tratti di un procedimento che offre ottimi risultati, l’evapo-ossidazione non è l’unica tecnologia per trattare effluenti contenenti COV. Una variante di questo processo è lo stripping in colonne con vapore o aria calda in controcorrente, per poi utilizzare sistemi OTR per l’ossidazione termica dei volatili.